La CIA attacca ITALMOPA

La CIA attacca ITALMOPA

Parole gravi quelle di Enzo Martinelli, non ci sono dubbi sulla qualità della produzione italiana.

Queste sotto le frase incriminate pubblicate dal Sole 24 ore 

«Il problema – spiega Enzo Martinelli, presidente della sezione molini a grano duro di Italmopa, l’associazione dell’industria molitoria nazionale, titolare di un molino a San Nicola di Melfi e anche cerealicoltore – è che al Sud ci sono ancora 30 gradi, anche se le ultime piogge sono positive. Le semine potrebbero attestarsi sul livello dello scorso anno ma la qualità dipenderà dal clima: quest’anno abbiamo un grano italiano di qualità pessima; grazie al know-how dei molini riusciamo a lavorarlo, e a sopperire con le scorte di ottima qualità dello scorso anno. Il differenziale elevato dei prezzi con gli altri cereali salverà le semine»

« Però – continua Martinelli – va ricordato che quest’anno le piogge hanno danneggiato quantità e qualità del raccolto, facendo calare le rese molitorie, e questo sarà un problema per il 100% Made in Italy. È importante ribadire che l’origine del grano non è sinonimo di qualità: spesso siamo disposti a pagare il doppio il grano importato per poter ottenere la miglior qualità delle semole, che deve corrispondere al capitolato d’acquisto dei pastifici. Il discorso sull’origine non fa altro che legarci le mani, ce lo siamo inventati per agevolare i produttori italiani, e questo è positivo perché ha avviato un processo virtuoso sulla qualità e sui contratti di filiera, ma ci mette in difficoltà perché l’import è necessario per mantenere la qualità. Criminalizzare le importazioni – conclude – è deleterio: il grano più controllato è quello che importiamo, anche perché quando arriva la nave lo abbiamo già pagato. Il 60% della pasta va all’estero, dove il consumatore è disposto a pagare di più ma non il doppio».

 

Criminalizzare il grano italiano fa male all’intera filiera e questo gli agricoltori non lo possono permettere. Non è ammissibile affermare che il frumento nazionale è “di qualità pessima” quest’anno, quando ha da sempre valori nutritivi, livelli di salubrità e standard di sicurezza alimentare indiscutibili.

“Il 2023 è stato un anno molto difficile per i produttori di grano, perché la crisi climatica ha sicuramente condizionato i raccolti. Ma in un momento così complicato per il settore, alle prese anche con prezzi in discesa del 40% e costi di produzione alle stelle, guerre e concorrenza sleale, queste parole sono irrispettose e irresponsabili -spiega il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini – tanto più che, pure in questa situazione, i cerealicoltori continuano a lavorare per mantenere l’eccellenza del nostro grano duro, che ha il primato europeo per produzione con oltre 1,3 milioni di ettari, ed è alla base della pasta, simbolo del Made in Italy nel mondo”.

“Noi non vogliamo criminalizzare le importazioni, come afferma Martinelli – continua Fini-. Vogliamo semplicemente valorizzare il prodotto 100% italiano perché è di qualità ed è ricercato dai consumatori. Inoltre, garantire la tracciabilità non significa essere contro l’import, ma al contrario volere più trasparenza per tutti. Quanto alla questione se il differenziale di prezzo con gli altri cereali salverà le semine? In realtà, gli agricoltori italiani stanno riflettendo se seminare o meno perché sanno già che, con questi prezzi bassi, lavoreranno in perdita e non è più sostenibile”.

Come Cia, “proseguiremo nella nostra battaglia, cominciata con la petizione nazionale su change.org -conclude Fini- per la promozione di una filiera più equa e trasparente per un grano 100% Made in Italy”.

Riproponiamo questo articolo dal sito Cia , QUI il LINK all’articolo originale, se desiderate esprimere la vostra opinione QUI il LINK alla petizione della Cia. 

 

 

 

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